L'Avvocato, il Medico e l'Informatico, in una vicenda di crimine, passione politica, pura estetica e avidità
Sono Matteo, laureato in ingegneria informatica, ho compiuto oggi i 41 anni e vivo a Francoforte. Quando torno in Italia adoro ripercorrere i luoghi in qualche modo collegati al passato e per questo motivo ho deciso di trascorrere il pomeriggio del mio genetliaco al Poldi Pezzoli. La dama del Pollaiolo piaceva tanto a mio papà, sosteneva fosse molto più bella della Gioconda, che per qualche motivo invece disprezzava.
La ragazza dietro la cassa mi chiede il CAP, a fine statistico. Rispondo che abito in Germania. Un distinto signore sulla sessantina, anche lui in attesa del biglietto, commenta: "Quanti ragazzi sono costretti a fuggire all'estero". Che la colpa sia del governo giallo-verde è implicito, solo un analfabeta funzionale non lo comprenderebbe. La conferma mi viene data da una copia di Repubblica che spunta dal cappotto del mio nuovo amico. Mi stupisco che non indossi un eskimo, ma noto un paio di jeans Tramarossa, omen nomen, di quelli che nell'Assia pagherei trecento euro, e il mocassino scamosciato della Tod's.
Vorrei rispondere che a causa del governo Monti sono finito oltralpe, in aggiunta ai maneggi di qualche ciellino poco onesto, ma voglio trarre vantaggio del mio rotacismo per lasciargli aggiungere qualche scempiaggine. Gli riassumo le triste vicende di uno sviluppatore software sottopagato che in pochi anni è diventato un consulente di punta alla BCE.
L'amico è un avvocato, si stupisce che un programmatore possa nutrire degli interessi culturali, ma si affretta a parlarmi di un problema con il suo portatile, lo schermo che non funziona più tanto bene. La cosa lo tormenta al punto tale che mi propone una mancia se lo seguo in ufficio. Ho tutto il pomeriggio di fronte a me e mi avvio divertito. Probabilmente fatturo in un giorno il suo reddito settimanale, ma gli lascio credere che il rapporto di forze pecuniario sia a suo favore. Anni fa un individuo analogo, conosciuto al Goethe Institut di via San Paolo, mi aveva offerto un cappuccino sottolineando di essere il più ricco. Forse, all'epoca, aveva ragione.
Lungo il percorso, fino a via della Cerva, dove si trova il suo studio, l'Avvocato mi racconta di essere anche un celebre critico. Contribuire regolarmente a due riviste di cui non ho mai sentito il nome. L'Avvocato non se ne stupisce e sogghigna all'idea che le mie uniche e rare letture debbano limitarsi a TGM. La goffaggine della sua spocchia, quasi da stereotipo, è tale da rendermelo simpatico.
Ha un bell'ufficio, a pochi metri dall'ingresso di uno stabile dove anni prima aveva sede il Gruppo Giovani di Milano per La Scala. Ora siam diventati tutti vecchi, ma fino ai quarantacinque si può ancora raccogliere qualche agevolazione in base all'età. In Italia si è ormai economicamente autonomi a partire dai nove lustri. L'Avvocato, che non indossa un Rolex sopra il polsino destro della camicia, mi concede ulteriori delucidazioni sulla sua attività. La frequentazione di case d'aste e musei gli aveva fornito una clientela amante dell'arte, spesso col bisogno di un parere per esportazioni non autorizzate, eredità, restituzione di opere
trafugate nel corso delle guerre, furti, ritrovamenti e contestazioni di qualsiasi genere in fase di compravendita. Lo schermo del laptop risulta evidentemente fuori uso a causa di una caduta, ma l'Avvocato non è contento fino a quando non gli trasferisco su un hard disk esterno tutte le immagini conservate sul pc. Degli archivi online si fida poco, gli stessi timori delle grandi banche ogni volta che si parla di cloud.
Lo rendo felice con poco. Dal portafogli estrae una banconota di venti euro. Non mi meraviglierei se nel darmela in mano non aggiunga "Non spenderli tutti in figurine". La accetto, rimanendo al gioco e continuando a prenderlo in giro senza farmi capire. Dopotutto venti euro sono un paio di cocktail annacquati, di quelli che si prendono con una russacchiotta conosciuta su Internations.
Faccio per prendere congedo, quando raccolgo da terra alcuni fogli stampati, la fotografia di due ritratti, non eccezionali, eseguiti sul finire del Seicento da un pittore lombardo in trasferta alla corte di un qualche dignitario dell'Europa centrale. "Erano per terra", ma non riesco a trattenermi dall'aggiungere quel che penso dei dipinti. "Non mi sembrano eccezionali, sono una di quelle croste che vendono all'asta nelle ville storiche?".
Non mi stupisce che mi risponda "Cosa ne sai tu? Sei un programmatore, un operaio del computer". Una pausa poi riprende: "Sono preziose tele a olio di scuola fiamminga, appartenevano a una collezione privata, ma sono state trafugate". Lo guardo perplesso, faccio per prendere congedo e dirigermi all'uscita. Mi richiama. "Aspetta, vorresti accompagnarmi da un cliente, in realtà un amico? Così avrai occasione di visitare un piccolo museo privato".
Ho ancora tempo e lo seguo, domandandomi quale eccezionale collezione si parerà ai miei occhi. Non immaginavo l'Avvocato tanto cordiale.
Proseguiamo fino in Cairoli, "Mi raccomando discrezione. Visiteremo la casa di un amico, un medico chirurgo. Una persona di un'intelligenza, una cultura politica, una sensibilità civica ormai rara, in questi tempi. Un sincero democratico." Non capisco cosa centri la discrezione con tutto questo, a meno che il nostro amico non abbia imparato la democrazia da Adriano Sofri e nella borghese dimora non conservi un arsenale pronto per il giorno della rivoluzione. "È stato volontario in Africa e in Medio Oriente, premiato dall'ONU e da Amnesty International per l'impegno a fianco dei rifugiati e dei Palestinesi". Mi rassicuro, pensando che dopotutto anche i Palestinesi hanno bisogno di medici, non solo di missili a corto raggio destinati ai civili israeliani. "Ma è anche un collezionista?", rispondo io quasi sbottando, poco sensibile alle cause dell'umanità. "Certo, collezionista e pittore. Come pittore vale poco, infatti si dedica all'arte astratta. È riuscito però a racimolare un notevole archivio di tele dal manierismo al tardo romanticismo." "Durante i suoi viaggi all'estero?", "Certo, anche in Italia. Si è costruito un buon giro di affari. Molti sponsor della sua attività di volontariato sono a loro volta appassionati d'arte, lui si limita a sfruttare le buone occasioni." Un modo ingegnoso per procurarsi un network, del resto non molto distante da quello che mi sono creato in Germania con i club aristocratici tedeschi o i circoli degli amici dell'opera di Francoforte e di Baden Baden.
Dopo tanto parlare e altrettante promesse di una reggia nascosta a due passi dalla Triennale, raggiungiamo finalmente un vecchio stabile in stile liberty. Il palazzo è sicuramente signorile, con un improbabile ascensore, proprio di molti edifici milanesi ammodernati con grande spirito di improvvisazione, che si apre sui pianerottoli a metà piano. Siccome il nostro amico abita nell'attico, non deludendo le mie aspettative, ci fermiamo tra il quinto e il sesto piano, percorrendo cinque gradini fino all'ingresso. Ci apre il figlio del medico, un adolescente che almeno dalla capigliatura deve essere un fan di Caparezza. O di qualche rapper delle ultime generazioni. Saluta con fare timido e indica la strada verso lo studio del padre con la stessa educazione di un filippino ben istruito. Nel corridoio ci saluta non a caso una piccola signora orientale. "È con la nostra famiglia da prima che nascessi", accenna il quindicenne, senza neppure accorgersi dell'insito snobismo della sua noncuranza.
Osservo ogni dettaglio dell'arredamento, la posizione delle porte e delle finestre, cerco eventuali smorfie nella colf e nell'aspirante rapper. L'Avvocato mi ha spiegato che il danno economico non è rilevante, perché il Medico è assicurato. A detta del leguleio il suo amico e cliente è tanto onesto che il premio dell'assicurazione potrà solo in parte coprire il valore delle croste. "L'assicurazione ha mandato un perito che si è probabilmente laureato con Sgarbi". "O nel '68 con Capanna", avrei voluto commentare, ma me ne sono stato zitto per lo stesso principio che spingeva mio padre, per almeno tutti gli anni Ottanta, a nascondere Il Giornale nel timore di una sprangata proletaria. Dubito che l'Avvocato mi avrebbe preso a colpi di Azeth 36, ma il personaggio mi era sinceramente simpatico e non volevo rovinare il pomeriggio con un'inutile discussione sul diciotto politico.
L'Avvocato mi presenta benevolmente, come un genietto del computer, che lo ha aiutato a risolvere un problema con il laptop. "Ah, un badante del pc!", sorride il Medico, "Ti intendi di arte? Guarda che qua ho dei pezzi rarissimi. Non ho abbastanza spazio sulle pareti, ecco il mio archivio". Effettivamente dispone di uno studio ben organizzato. "Dipinge anche?", chiedo per rompere il ghiaccio. I sessantottardi condividono il vizio di dare facilmente del tu, purché la cosa non sia reciproca. "Una passione di gioventù. Qualche anno fa ho seguito i corsi serale della Famiglia Artistica Milanese, ma immagino tu sappia ben poco di queste cose". Mio padre ne era il vice-presidente. Sorrido, per il Medico è un'ammissione di colpa. Piuttosto mi viene il dubbio che non abbia nascosto la tela da qualche parte, o non ci abbia dipinto sopra. "Usa sempre tele nuove?". L'Avvocato mi guarda di traverso, "Dovresti lavorare per l'assicurazione. Anche quei cani, alla prima notifica del furto, hanno chiesto ai carabinieri di appurare che le tele non fossero state nascoste in casa.", ma tra le tende dipinte dal Medico nessuna era compatibile per dimensioni ai ritratti scomparsi.
"Cosa ne pensi?", mi chiede l'Avvocato una volta di nuovo all'aria aperta. La domanda mi stupisce e mi colpisce, "Ti interessa la mia opinione?", rispondo osando un tutoyer che potrebbe risultargli indigesto quanto una maglietta della Lega. L'Avvocato non si scompone, "Certo, sono curioso di sapere a che conclusioni possa giungere una persona piena di pregiudizi come te. Non sottovalutarmi, ho cercato il tuo nome su Facebook mentre mi aiutavi con il pc e ho visto che sei un salviniano". "Di pregiudizi puoi averne di più tu, o le tue amiche del circolo del bridge.
Vuoi che ti risponda che il colpevole sia la filippina, perché straniera?". "Risposta scontata", commenta l'Avvocato. Avrei dovuto rispondergli "Battuta regolare", ma mi sarei impegolato su un panegirico del cinepanettone e dell'uomo, anzi omuncolo, medio di destra. "No, non penso sia stata la cameriera. Degli amici possono però averla spinta a tradire quello che per vent'anni è stato un buon padrone". "Non è una schiava", mi rimprovera. "Spero non la paghi in nero e non bari sui contributi", questa volta non posso evitare di controbattere. "Ti seguo, il tuo ragionamento funziona. Il Medico non ha pagato la donna regolarmente e, dopo tanti anni di soprusi, questa si vendica. Possibile, ma conosco Claudio dalle elementari, è sempre stato corretto. Non ha mai mancato una formalità. Un ottimo ragazzo, sempre benvoluto dagli insegnanti". Anche di questo non ne dubito, avranno letto ad alta voce i suoi temi sull'amore, la pace e i partigiani affinché fossero da esempio a tutti i compagni, quelli di scuola. "Anche il ragazzo penso sia pulito", decido che non posso stare al gioco dell'Avvocato e devo distrarlo con nuovi argomenti. "O il figlio del Medico si fa le canne e per pagare apre la porta ai pusher?". "È meglio che ci separiamo. Grazie per l'aiuto di questo pomeriggio. Se ci sono novità, ti farò sapere". Saluto anche io, devo prendere il treno delle 18:31 se voglio essere a casa per cena. Abito in Brianza, non nella Milano di Beppe Sala. Ho aggiunto l'Avvocato alle mie amicizie di Facebook, forse non si farà più sentire, ma sono curioso di vedere come volgerà al termine il misterioso delitto. Posto che si tratti di un delitto e non di una furbizia del Medico. Se dovessi cercare il colpevole all'interno dell'ambiente familiare, come di solito procedono Polizia e Carabinieri quando non hanno altre idee, sospetterei del Medico.
Non finisco di cogitare sul caso misterioso per tutto il viaggio di ritorno. Grazie a quella strana coppia di radicalchic ho trascorso un pomeriggio singolare ed anche piacevole. Del talento artistico del Medico nutro qualche dubbio, immagino che l'Avvocato sia più abile e sarà capace di controbattere all'assicurazione. Il premio è piuttosto sostanzioso, cinquantamila euro in totale, per due pezzi che ne valevano un decimo.
La sera, a casa, passo in rassegna la pinacoteca che mi ha lasciato mio padre, cui hanno contribuito anche il nonno e soprattutto il bisnonno, il maggiore collezionista e mercante d'arte della Parigi fin de siécle. Un solo elemento della mia raccolta avrebbe potuto spezzare tutte le certezze dell'Avvocato. Toulouse-Lautrec, Rembrandt, Blomaert; mi soffermo su un olio di Grosz, La Strada, dall'Ecce Homo di Nietzsche. Una serie di litografie sullo stesso soggetto sono conservate anche al Centre Pompidou. La strada è popolata da ladri, assassini, la luce di una lanterna pubblica, resa inefficiente dalle sassate degli studenti, illumina quella scena apocalittica.
Continuo a pensare che il Medico sia il colpevole, il Ragazzino non è un ingenuo, ma non mi sembra abbastanza scaltro. Per il momento. Un furto su commissione non è improbabile, ma dalle fotografie sono convinto che i ritratti siano delle croste. Per rafforzare la mia idea passo in rassegna una testa di santo, dello stesso periodo, che mio padre aveva restaurato da giovane. Quanto rimasto di una pala d'altare di una vecchia chiesa nella bergamasca. Osservo le rughe sul viso, lo sguardo, i dettagli più difficili per un falsario. Escludo però che il Medico sia un falsario, avrebbe dato vita a qualcosa di più originale di quelle che non riesco a definire se non
come croste. Guardo negli occhi il santone. Potrei attribuirgli un miracolo perché ci sono arrivato. Confronto le foto della casa scattate con l'iPhone nella casa del Medico, mentre gli astanti erano distratti, e la foto dei dipinti che, altrettanto furtivamente, mi sono scaricato sulla chiavetta dal PC dell'Avvocato.
Dove erano appesi i dipinti, non si osserva neppure una macchia, il muro è intonso. Basta lasciare una cornice appesa alla parete per poco tempo e, una volta rimossa, si nota la differenza. Deve esserci un trucco, un sotterfugio ideato dal Medico. Molto probabilmente neppure l'Avvocato ne è a conoscenza. Machiavelli sosteneva che i complotti prima o poi vengono scoperti perché uno dei complici si rivela l'anello debole della catena. Il mio nuovo amico, o conoscente, lo sa bene. I sinistri sono machiavellici dalla nascita, imparano l'arte alla scuola dei collettivi studenteschi e la raffinano a quella di Repubblica. Ingrandisco le immagini, le metto a confronto. Mi concentro sui punti dove le tele avrebbero toccato la parete. Cerco l'indicazione di un qualsiasi rilievo, ipotizzo che il Medico abbia applicato anche la propria esperienza professionale incassando le tele nel cartongesso. Quei due possono essere il mio passaporto per il rientro in l'Italia. Il documento è a portata di mano, anzi, mi sento stupido, ma mi rendo conto che è in formato digitale. E che tutta l'allegra famiglia è colpevole. Anche la Filippina e forse l'Assicuratore. La fotografia dei dipinti, lungo il contorno della tela, è priva di ombre. Il Medico ha realizzato uno splendido falso, la fotografia delle tele, che probabilmente non sono mai entrate neppure in suo possesso. Deve aver acquisito le immagini da qualche catalogo digitale, con Photoshop le ha incastonate tra le pareti di casa. Lascio al Ragazzino e alla Filippina il beneficio dell'analfabestismo funzionale, di non aver bene inteso cosa mancasse per la casa. Dubito che l'Assicuratore abbia firmato una polizza senza un sopralluogo, almeno una visita di cortesia per ringraziarsi il cliente. Di certo l'Avvocato, che è mai stato sindaco di Villar Perosa, ha recitato la sua parte.
Preferisco evitare l'onore di ricevere i due in casa per il tè, potrebbero coltivare strane idee su come arricchirsi alle spese della mia collezione. Oltretutto sarebbe per loro uno sforzo eccessivo lasciare la Milano democratica di Pisapia per la Brianza fascista, forse anche mafiosa, di Berlusconi. Cerco sulle Pagine Bianche il numero dell'Avvocato, il quale mi risponde con una certa sorpresa. Gli propongo un appuntamento, dicendogli che ho un'idea di come recuperare i dipinti, ma che richiede la massima riservatezza. Quello tergiversa, mi dà un appuntamento per l'indomani nel pomeriggio. Chiedo se possa venire anche il Medico, ma la risposta è un "Eh, adesso".
Il luogo dell'incontro è il Sant'Ambroeus, perché ci andavo con mio papà da piccolo e perché il mio trend setter è Mario Monti. Venuto a mancare Maurizio Mosca, io e lui siamo probabilmente gli ultimi clienti rimasti di Ravizza, che per arrotondare ha iniziato a vendere panini e brioche.
Quando l'Avvocato mi vede ha un aspetto seccato. Non capisco se per la mia vista o per il volto sorridente del Capitano sulla prima pagina di Libero, che un signore seduto vicino a noi sta leggendo avidamente. "Ciao Avvocato", lo saluto con l'espressione di Massimo Boldi in Yuppies 2. "Buongiorno", mi risponde. Che sia diventato improvvisamente educato e abbia deciso che
agli estranei si dia del lei? "Come stai?" "Bene e tu?" "Bene, grazie" "Dunque, cosa volevi dirmi?". Sento che è arrivato il momento delicato. Da come giocherò le mie carte, saprò se riuscirò a convincere Medico e Avvocato a unirsi in una startup, il mio gommone per l'Italia. "Che vorrei parlarti di affari. Da tempo vorrei creare una startup e vorrei coinvolgere te e il tuo amico". "Non ti sembra di correre un po' troppo? Cosa ti dice che acceteremmo? E non mi avevi chiamato per parlarmi delle tele?". Voglio tagliare corto, vorrei anche evitare che il tizio che legge Libero inizi a interessarsi alla nostra conversazione. Estraggo l'iPad dallo zaino e gli pongo di fronte agli occhi l'immagine della sala piena e della sala vuota. Poi l'ingrandimento e un paio di linee tracciate con lo screenwriter della Montblanc, quel tanto perché capisca che il mio gioco è chiaro.
"Come l'hai scoperto? E ora cosa vuoi fare, ricattarci? Vuoi metterti contro qualcuno più forte di te?". Questa frase l'ho già sentita una volta, pronunciata da un amico, e socio in affari, che poco gradiva la mia idea di metter fine alla società. Gli risposi con un sorrisino sprezzantino, "Non hai ancora sentito la mia idea della startup. Se ai furti e ai falsi di opere d'arte ci dedicassimo seriamente? Con l'ausilio del digitale e l'aiuto del tuo amico, cui penso, senza offesa, non manchi l'immaginazione criminale. Oltre che la clientela. Voglio tornare in Italia, non ho alcuna intenzione di impossessarmi di quel che non mi appartiene. Non sono un sinistro, io." Trasalì, ma sembrò tranquillizzato. "Ci devo pensare. Sei stato bravo, ti avevo sottovalutato". "Lo fanno in tanti, ai veri signori non piace apparire per più di quel che sono. Questa è la mia email", gli passo il biglietto da visita, un bel cartoncino ocra con al centro il mio blasone, stampato da Pettinaroli. "Gerecht und Treu", dice il motto di famiglia. L'Avvocato e il Medico potranno contare sulla mia lealtà e senso di giustizia. Del loro io invece non mi fido.