Design Thinking e Comunità di pratiche nel racconto Il capitano, l'equipaggio la nave e una meta da governare
Questa storia parla di una nave e di un capitano, costretto dalle circostanze a cercare una meta per il futuro e il destino del suo equipaggio. Il racconto descrive perché il cambio di rotta dei protagonisti, che scelgono di concentrarsi sulle sfide piuttosto che sulle risposte o sui problemi, sia una vera “impresa culturale” che fonde le storie di una moltitudine di soggetti in una narrazione capace di esaltarle tutte senza disperderne il valore individuale. Questo racconto è anche metafora di una comunità ben più vasta, che si trova a dover attraversare il confine tra passato industriale e futuro globale. Un Rubicone tanto imprescindibile quanto improrogabile, dove il recupero strumentale della memoria diventa un’inevitabile corsa ad ostacoli che accoglie i vincitori nelle trame della rete globale e relega gli sconfitti oltre i nodi della Rete, in un’area di marginalità economica, sociale e culturale.
Un racconto per restituire pienamente i sentimenti contraddittori e conflittuali che accompagnano una Comunità di pratica in una fase cruciale della sua storia: l’inizio di un processo di rinnovamento profondo come un momento che la comunità percepisce come un’opportunità unica di ripresa facendo leva sul Design Thinking.
Il racconto del capitano e della suo equipaggio viene accompagnata da considerazioni che non pretendono di indirizzarne l’interpretazione. Il senso della riflessione proposta nel racconto non è quello di un riferimento passivo e autoreferenziale alla storia della comunità, ma un agire attivo, che ascolta e mescola gli strumenti del Design Thinking e delle Comunità di Pratica alle specifiche individualità come ingredienti di una ricetta, nella consapevolezza che la tradizione, lungi dall’essere un sentimento nostalgico, si offre invece come volontà progettuale.
Dopo una lunga attesa, e una difficile scelta tra più candidati era stato finalmente nominato un nuovo capitano per una tra le navi più attrezzate e meglio costruite degli ultimi anni; una nave grande e antica, fornita di stanze per ogni tipo di clientela e dotata di una struttura capace di soddisfare le più diverse esigenze, un’imbarcazione che da un po’ di tempo, tuttavia, non riusciva a contrastare una preoccupante perdita di passeggeri. Quando la situazione di difficoltà era apparsa in tutta la sua preoccupante rilevanza, l’equipaggio era rimasto ammutolito, come di fronte ad un improvviso e inspiegabile svuotamento della nave: c’era poco tempo a disposizione e la sensazione di preoccupazione generale coincideva con il nefasto presagio di una inesorabile decadenza della nave.
Alla fine, dopo un interminabile periodo di discussioni, nelle quali l’equipaggio non era riuscito a trovare alcun accordo sulla destinazione da intraprendere, la nomina del nuovo capitano fu finalmente interpretato da tutti come segnale di buon auspicio.
E il nuovo capitano avrebbe certamente ricordato quel suo primo giorno sulla nave: timore e incertezza, per una persona così solida, plasmata da anni di lunghe traversate, sembravano sentimenti quantomeno inadeguati, se non addirittura ridicoli. Navigava da così tanto tempo che non riusciva a pescare ricordi nella sua memoria che non avessero il mare come protagonista: ciononostante, all’alba di questa nuova avventura, erano proprio il dubbio e la paura gli indiscussi protagonisti dei suoi pensieri. Per ragioni ancora oscure nella sua mente ma cristalline nella sua intuizione, l’imbarcazione e il suo equipaggio sembravano rappresentare qualcosa di più che un nuovo impegno professionale, gli si prospettavano piuttosto come uno spartiacque definitivo tra un passato remoto e un futuro incerto.
Era una sensazione imprevista e totalmente nuova perché fino ad ora era sempre stato in grado di portare a termine ogni incarico, confidando nelle capacità e nell’esperienza acquisite in anni di navigazione ed avvalendosi della preziosa collaborazione degli altri marinai. E, soprattutto, non si era mai sentito in balia degli eventi; anche in condizioni apparentemente più difficili di questa, aveva sempre avuto idee chiare sia sulle destinazioni da raggiungere che sulle rotte da seguire.
Non avrebbe dovuto, né voleva, sentirsi preoccupato e carico di responsabilità: la nave, forse non più tanto nuova, era ancora affidabile e funzionante, e l’equipaggio sembrava ben addestrato, professionalmente preparato e bendisposto ad accoglierlo come nuovo capitano. Era, tutto sommato, una situazione che aveva sperimentato innumerevoli altre volte, e sempre con successo.
Forte di queste considerazioni, il capitano si sarebbe dovuto sentire sicuro e sereno: tuttavia, non riusciva a salire sulla nave e presentarsi al suo equipaggio perché non era pienamente convinto delle sue scelte e sapeva di correre il rischio di trasmettere incertezze e dubbi, senza alcuna risposta adeguata. Infatti, comunicare all’equipaggio una nuova destinazione non gli sembrava più la soluzione ovvia e naturale, e, per la prima volta in tanti anni, si rendeva conto che non era sufficiente scegliere una meta e stabilire una rotta perché, in quelle condizioni, la nave si sarebbe solamente trascinata dietro una tale zavorra di problemi e ostacoli da causarne l’affondamento definitivo. Era chiaro, inoltre, che i problemi e gli ostacoli erano proprio lì, davanti ai suoi occhi.
La nave, per cominciare, dava l’impressione di essere sì solida, ma anche piuttosto antiquata se paragonata a tutte quelle nuove imbarcazioni che, da improbabili alternative, si erano trasformate in temibili concorrenti: erano più nuove, più invitanti e ben più adattabili alle richieste dei passeggeri.
L’equipaggio, per quanto ben preparato, sembrava non voler modificare abitudini di lavoro cristallizzate in anni di attività fortunata e produttiva: protezione e agevolazioni, costantemente garantiti dal porto, avevano trasformato, nella testa dell’equipaggio, un privilegio temporaneo in un diritto inviolabile. Secondo loro, la nave non si sarebbe mai dovuta svuotare e certamente non sembravano disposti ad assumersene la responsabilità.
Il mare, inoltre, non era più una sterminata distesa di opportunità e benessere, in cui poche navi si dividevano un grande numero di passeggeri bendisposti e poco critici.
I porti, infine, erano diventati essi stessi ostacoli quasi insormontabili: il porto che fino a poco tempo fa garantiva il benessere della nave, ora non riusciva più offrire appoggio incondizionato, mentre gli altri dedicavano enormi sforzi nel sostegno aggressivo allo sviluppo delle proprie navi.
La nave, l’equipaggio, la meta, il mare, i porti, i passeggeri; quegli elementi si aggiravano nella testa del capitano senza ordine, in traiettorie irregolari e prive di significato. Se non riusciva a dare un ordine all’insieme delle cose che aveva davanti, a interpretarle nel complesso senza perdersi nel dettaglio, evidentemente la sua esperienza era stata del tutto inutile, oppure la situazione era cambiata ed era allora il suo modo di guardare le cose a dimostrarsi limitato e inadeguato.
Forse, anzi sicuramente, era così, qualcosa era davvero cambiato, pensò il capitano. Solo così poteva spiegare a se stesso la sensazione di inadeguatezza rispetto a tutti quegli elementi che, se una volta potevano essere agevolmente organizzati in risposte efficienti, ora si agitavano scomodamente e disordinatamente tra i suoi pensieri.
La situazione doveva essere mutata impercettibilmente, attraverso un progressivo e apparentemente indecifrabile susseguirsi di piccoli cambiamenti, al riparo dall’attenzione generale, per poi trasformarsi senza preavviso in una realtà radicalmente diversa; con una smorfia, il capitano si rese conto di non aver saputo cogliere i segnali del cambiamento, e di trovarsi ora a doverlo affrontare senza preavviso.
La nave, l’equipaggio, la meta, il mare, i porti, sembravano tutti indizi di un rompicapo ancora indecifrabile perché il modo di osservare le cose risultava ormai inadeguato alla nuova situazione; abituato a risolvere, ora si trovava in difficoltà ad indagare. Ma poi, riflettendo sull’importanza delle domande e dei problemi, ricordò improvvisamente le parole di uno dei passeggeri abituali della nave, che, di fronte alle difficoltà, consigliava di abbandonare il sicuro sentiero delle facili certezze e suggeriva di scegliere invece quella terza via, tortuosa ma più proficua, che permetteva di uscire da una crisi solo attraverso la ricerca del significato di cui, quella crisi, era portatrice.
Il capitano ripensò più e più volte a quelle parole, ripetute in ogni viaggio dal quel gruppo di assidui passeggeri, finché finalmente il senso di quel suggerimento sembrò maturare e prendere forma nella sua mente: comunicare con gli eventi, imparare ad ascoltare tutte le voci per riuscire a porre le giuste domande e raccogliere le opportunità che in quegli eventi sono contenute…
Con la stessa sensazione di sorpresa mista a sollievo che si prova leggendo le ultime pagine di un giallo, quando tutti gli indizi si riuniscono a svelare il mistero, il capitano si rese conto di aver trovato quello che cercava. Strumenti invece che risposte, comunicazione invece che direzione, qui stava il segreto per affrontare la sfida decisiva; doveva semplicemente restituire valore e significato al patrimonio di storie e memorie della nave e del suo equipaggio, perché nella complessità di ciò che lo circondava si trovavano gli strumenti di cambiamento e rinnovamento
Il racconto di quel prezioso passeggero, aveva risvegliato nel capitano la consapevolezza che i problemi possono sempre comunicare opportunità di soluzione all’interlocutore capace di ascoltare. Adesso riusciva a comprendere che la nave non era più solo una vecchia e inadeguata imbarcazione, ma rifletteva intatto l’immenso patrimonio di tutte le traversate passate. Allo stesso modo, riusciva a considerare i malumori dell’equipaggio come momenti ed episodi di memoria collettiva cui attingere per dare nuova vita a tutta la nave. Anche la fine del sostegno del porto poteva dare la giusta spinta a ricercare nuove opportunità, e la meta, infine, non sembrava più una scelta forzata ma si apprestava a diventare una naturale conseguenza di tutte le considerazioni precedenti.
Salendo sulla nave, finalmente sicuro di poter attrezzare la nave a viaggiare verso ognuna delle destinazioni nascoste nel futuro, il capitano si sistemò tra i membri dell’equipaggio e disse: “raccontiamoci le nostre storie e ricostruiamo il senso di questa grande nave.
La figura del capitano coincide con una nuova prospettiva di leadership condivisa nella Comunità di Pratica, l'equipaggio del racconto. Questa piccola storia ripercorre l’interrogativo che caratterizza la realtà odierna: quale rotta scegliere, e come farlo, per navigare in sicurezza il mare della globalizzazione.
La metafora del racconto è costruita sulla consapevolezza dell’importanza del contributo individuale e collettivo al cambiamento e suggerisce che si possa uscire dalla crisi cercando di capire, innanzitutto, cosa significa questa crisi, di quale cambiamento necessario essa è portatrice. La fabula, cioè il tema atemporale di cui il racconto è intessuto, è che ci troviamo, dunque, oggigiorno, nel mondo in una situazione inedita e complicata e dobbiamo cercare di abitare il nostro presente proiettandoci in avanti per costruire un futuro migliore, senza saper bene a chi dare retta e cosa conviene fare. Quale parte della nostra storia e della nostra identità vada messa da parte e quale parte vada, invece, rivitalizzata e valorizzata; per farla diventare la leva di una nuova storia possibile.