Servono privati visionari per evitare la stagnazione del settore spaziale pubblico.
Dalla sua nascita (1998) questa rubrica è preoccupata dalla stagnazione, in occidente, dei progetti finalizzati a costruire insediamenti nello spazio extraterrestre. Per tre motivi: (a) il rubricante crede – strategia degli esodestini - che l'unica speranza di salvazione in vita degli umani sia la loro biotrasformazione, tra migliaia di anni, ma che ciò sarà possibile solo uscendo dai limiti ecologici del pianeta; (b) se l'occidente non si muove, la Cina emergente prenderà il controllo dello spazio esterno e dell'orbita annullandone la superiorità strategica nell'arco di 30-40 anni, scenario inaccettabile di sconfitta del capitalismo democratico da parte di quello autoritario; (c) l'Italia ha un'industria spaziale molto evoluta che ne è fattore di ricchezza, a rischio se i programmi europei ed americani restano vaghi e sottocapitalizzati. Entro ottobre Obama dovrà decidere una politica spaziale in base a cinque opzioni fornite qualche giorno fa dalla Nasa, esoagenzia leader dell'occidente. Sarà rilancio o regressione?
La Nasa ha preparato le opzioni con realismo. Si nota il tentativo di salvare gli investimenti già fatti sia in termini di continuazione del programma avviato da Bush nel 2004 (sostituire i vecchi shuttle con una nuova nave spaziale e tornare sulla Luna nel 2020) sia di miliardi spesi per finire la Stazione spaziale internazionale combinandoli con le restrizioni di bilancio e senza rinunciare ad esplorazioni nello spazio profondo. Ma manca una visione che concentri sforzi e risorse verso un obiettivo ambizioso. Non sarà certo Obama a darla perché ha priorità più terrene. Pertanto è prevedibile che la stagnazione dei programmi americani continuerà. Quelli europei sono altrettanto frammentati e senza temi forti. Quindi il settore stagnerà e sarà colpito dai tagli di bilancio. Come invertire tale tendenza che pregiudica i tre interessi sopra espressi? Il rapporto della Nasa fa una interessante apertura al coinvolgimento dei privati nei programmi spaziali. Tale idea potrebbe essere allargata e fornire una chiave di sblocco? Bisognerebbe rispondere alla domanda di come un privato può fare profitto in un esomercato e quanto in relazione all'investimento certamente grande per praticarlo. Turismo spaziale? Bah. Costruire industrie nello spazio per fare prodotti non fattibili sulla Terra o per rischiosità o per problemi di gravità? Qui il punto. Se lo si trova, molto dell'investimento già cumulato per le tecnologie spaziali potrà essere trasferito ai privati rendendo fattibile per loro il salto. Piacerebbe con queste parole stimolare qualche geniale imprenditore italiano.