(Sovra)espansione della Turchia
Negli ultimi anni si è assistito alla continua espansione della Turchia.
A Ovest
A) verso il versante turco di Cipro, le dispute sulle acque territoriali con la Grecia (poco più di un secolo fa la guerra greco-turca con la sconfitta greca, che pose le basi per la creazione dello Stato-Nazione turco su basi laiche kemaliste);
B) verso la Libia a sostegno del governo di Tripoli contro il governo di Bengasi sostenuto dalla FSI.
A Est:
C) contro l’Armenia - parzialmente legata alla FSI e all’Iran - e a favore dell’Azerbaigian incrociando una alleanza tattica sulle forniture militari con Israele con finalità anti-Iran.
A Sud:
D) nella Siria conquistando de facto 2/3 del territorio con beneficio anche del Qatar. Con le conseguenti rischiose incognite sia verso le minoranze curda e drusa, sia verso quelle cristiane e alawita. E verso lo Stato di Israele.
A Nord:
E) nella guerra Russo-Ucraina con ruolo ambivalente di forniture militanti all’Ucraina, con l’ospitare le trattative (fallite) tra le due parti e con i passaggi via Turchia di grano russo, di triangolazioni per bypassare le sanzioni contro FSI e in questi ultimi tempi per bypassare le forniture di gas da FSI verso CE via Turkstream.
Le letture dell’espansionismo turco attraversano la basilare intervista del 2016 (Il Foglio) di Daniel Mossari all’orientalista Alessandro Grosseto sulla appartenenza di Erdogan alla Naqshbandiyya, la confraternita sufi dedita alla conservazione dell’identità islamica.
Attraverso l’ascolto e la lettura dei resoconti di Mariano Giustino da Istanbul.
Si legga il neo-sultanato/neo-califfato con la ricostruzione dell’Impero Ottomano con i territori da esso un tempo (non lontanissimo) governati.
Tra i quali, per l’appunto, Libia, Siria e da non dimenticare Egitto e penisola arabica.
Inoltre le più antiche (2 secoli) guerre russo-turche per il controllo dell’Asia Centrale.
Il tutto con la benevolenza del Qatar quale principale azionista della Fratellanza Musulmana (anche da conversazioni private con libanesi).
Le azioni della Turchia presentano indipendenza radicale dalla NATO cui comunque appartiene.
Questo è punto critico per la come sempre latitante CE e per il socio principale NATO (USA).
C’è un secondo aspetto che interessa chi scrive, distinto dal neo-ottomanesimo.
Cioè il pan-turanesimo, cioè la costruzione di alleanze, legami e strategie con le nazioni principalmente popolate da genti turciche, dall’Azerbaigian, al Kazakistan, Uzbekistan fino al vasto Xinjang all’interno della PRC.
Con la relativa eccezione del Kirghizistan, dalla popolazione a predominante componente iranica.
Esse presentano inoltre dominante componente religiosa musulmana sunnita.
Inoltre tutte le repubbliche ex-sovietiche dell’Asia Centrale presentano importanti minoranze russe.
La opportunità di ridurre l’espansione turca nella attuale condizione di sovraespansione (overstretching) non può basarsi solo sulle difficoltà economiche interne ma è bene preveda una serie di contraddizioni focali:
1) sia sul versante neo-ottomano (es. paesi sunniti moderati) prima che la probabilità di uno scontro con Israele divenga reale (cfr il report recentissimoo del Nagel Committee) e prima che si verifichi una caduta della presidenza egiziana di Al Sisi,
2) sia sul versante pan-turanico.
Questo può significare una relativa mano libera dall’Occidente verso reazioni FSI pro minoranze russe in Asia Centrale, sia verso azioni PRC nel suo territorio statuale.
Come scrive l’autore di altra rubrica su questo sito, la prospettiva non ultramondana di paesi totalitari laici sia interpretata meno ingestibile rispetto alla visione religioso-messianica.
Senza cadere nella sovrareazione dell’Amministrazione Carter ai tempi della invasione sovietica dell’Afghanistan.
E favorendo una attrattivita’ di Israele verso le minoranze etnico-religiose in Siria sopraindicate, e nei territori retti da ANP (i.e. palestinesi e arabi israeliani di religione cristiana o drusa).
Con ruolo pivotale strategico regionale del Libano dopo Hezbollah.
Rif Jerusalem Post numerosi articoli, la sezione sull’Asia Centrale e quello di Ivan Eland di National Interest, nonché l’ultimo di Ugo Trojano su Analisi Difesa (circa i processi interni alla leadership di ANP).