Codice ATU-5 è la favola di Cenerentola.
Codice ATU-5 è la favola di Cenerentola. Deluso dai tentativi precedenti, provo comunque a chiedere a chat GPT il suggerimento per un titolo e mi ritrovo con il criptico “Qilant, the Moonlit Transformation”. Qilant è una danza tradizionale degli Inuit, popolo a me caro. Essendomi però più cara la salute mentale dei miei sette lettori, nonché la comprensibilità del contesto, il titolo da me scelto è invece: “La cavigliera ortopedica”, ovvero “La Cenerentola nel campus”. Della cavigliera ortopedica nel racconto non c’è traccia, per cui rimane l’opzione “La Cenerentola nel campus”.
Non molto tempo fa, nel campus di una prestigiosa università, viveva una giovane impiegata amministrativa che aveva trovato un appartamento in condivisione con due ricercatrici. Le quali, in verità, dovevano ancora concludere il dottorato.
La ragazza, che si chiamava Carmela, veniva soprannominata Cenerentola. Un po’ perché se ne stava spesso in disparte dalla vita sociale dell’accademia, un po’ perché non amava spendere una buona parte delle sue già magre entrate in trucchi e vestiti alla moda. Quelli indossati dalle sue coinquiline, non duravano poi più che poche settimane. In parte per noia, in parte perché ne avevano ben scarsa cura. I gusti poi cambiavano in ogni momento, tanto quanto la direzione delle posizioni politiche cui erano costantemente sottoposti i frequentatori dell’ateneo, indipendentemente dal proprio ruolo.
Alla nostra Cenerentola non rimaneva che dedicarsi frequentemente alle pulizie domestiche, ripagata dalle coinquiline, Jessica e Jennifer, con qualche sconto sulle spese mensili. Che erano comunque a carico di Cenerentola, dal momento che il contratto d’affitto era stato sottoscritto dalla madre delle ragazze, una nota docente di scienze politiche, e la nostra Cenerentola si trovava in subaffitto. Calcolato come metà del costo dell’intero appartamento, con l’aggiunta dell’intera quota di corrente, riscaldamento, custodia e telefonia.
Cenerentola non si lamentava mai, a lei bastava uno spazio comodo nel quale riposarsi la sera, dopo una lunga giornata in ufficio nel tentativo di accomodare le richieste degli studenti, dei professori e dei suoi responsabili. Una parte dei quali non era meno capricciosa di quanto non si dimostrassero gli altri personaggi che si aggiravano per il campus. Pochi di loro avevano difatti ottenuto la propria posizione se non per l’adulazione costante di questo o quel direttore di dipartimento. Il che, riconosceva Cenerentola, se portato avanti con costanza, tale forma di captatio benevolentiae, richiede un certo impegno e bisogna accettarne il merito.
La sera poi, prima di potersi coricare nella propria cameretta, Cenerentola doveva pulire per bene l’appartamento. Tale era infatti il suo incarico, previsto anche nel contratto di subaffitto. L’impegno poteva talvolta essere faticoso, allorché Jennifer e Jessica erano piuttosto critiche, specie se di humor nere dopo una delusione sentimentale o per una discussione poco piacevole all'interno di uno dei molteplici club che frequentavano. Fortunatamente, appartenendo le due a una minoranza etnica favorita dalle regole del campus ed essendo nota la loro parentela con una celebre accademica di quell’università, sarebbe stato piuttosto insolito un rifiuto della loro tesi di dottorato.
Il che lasciava a Cenerentola il respiro necessario per tollerare le prepotenze delle due sorelle. Si diceva fossero persino gemelle, ma tanto particolare, e buffo, era il loro volto, che piuttosto di una creazione in serie, Jessica e Jennifer davano l’idea di due esemplari veramente unici. Jessica, che tra le due si reputava la più intelligente, continuava a ripetere che una volta ottenuta una cattedra avrebbe impiegato Cenerentola per tenerle pulito l’ufficio. Jennifer, la più intraprendente, si immaginava invece partner di una multinazionale della consulenza e prospettava a Cenerentola l’idea di diventare sua assistente.
Cenerentola invece ignorava i pensieri delle coinquiline e ricordava le giornate della sua gioventù, quando trascorreva il pomeriggio nel parco zoologico cittadino in compagnia dei genitori. Era stata proprio per la presenza dello zoo che Cenerentola aveva inoltrato il curriculum a quel campus, il quale teneva, in una recinzione del parco a lato degli alloggi degli studenti, un nutrito gruppo di simpatici animali. Cerbiatti, uccelli di varie specie, caprette e un ippopotamo, storica mascotte del campo. Quel luogo era la gioia di tutti i frequentatori del campus, almeno quelli che mantenevano vive le emozioni innate alla natura umana.
Tra costoro non vi erano Jennifer e Jessica, che semmai erano state allontanate più volte dal recinto degli animali. Vi ci si avvicinavano solo di mattina presto, al ritorno dalle feste. In preda agli effluvi dell’alcohol, le due sorelle si divertivano a esercitare la propria arroganza anche su quelle creature innocenti. Un giorno assistette alla scena anche Cenerentola, che invece si era alzata di buon’ora per poter salutare i propri amici del regno animale. Che poi erano i suoi migliori e unici amici.
La ragazza, che mal tollerava la prepotenza ed era paziente solo quando si trovava lei stessa a subir l’ingiustizia, si nascose dietro un cespuglio. Non riuscendo a immaginare nulla di meglio, iniziò a produrre dei suoni agghiaccianti alterando la voce per quanto possibile. Si rese poi conto che intorno a lei si trovavano delle pigne e, senza pensarci su due volte, le lanciò in direzione di Jessica e di Jennifer. Le eredi della celebre accademica, incapaci di reggersi in piedi a causa dei bagordi notturni, caddero su se stesse scoppiando in una fragorosa risata.
Quando altre pige le raggiunsero, insieme agli ululati di Cenerentola, iniziarono però ad avere paura e, gattonando e saltellando, si mossero in direzione dell’alloggio. Cenerentola le osservò battersi in ritirata, quando sentì una mano inumidirsi. Voltatasi di scatto, si rese conto che uno dei cerbiatti era riuscito a saltare la recinzione.
“Ma che carino che sei. Hai visto? Sono scappate via quelle streghette. Per un po’ non vi tormenteranno più”. Cenerentola si mosse in direzione dell’ufficio. Non voleva tornare nell’appartamento proprio ora. Le due sorelle, anche senza avere sospetti su di lei, sarebbero state di umore nero e l’avrebbero maltrattata. Il cerbiatto però sembrava volerla seguire. “Cosa fai, mi segui? Il tuo posto è nel recinto. Andiamo, ognuno deve stare nella propria gabbia”, rispose Cenerentola allo sguardo del cerbiatto, mordendosi la lingua per essersi fatta sfuggire una frase tanto malinconica. Il cerbiatto però non si mosse, continuò a osservarla e infine le disse: “Non essere triste. La tua vita cambierà presto in meglio. Non vuoi stare un po’ in nostra compagnia?”, indicando con il musetto il recinto degli animali.
Cenerentola capì che dovesse trattarsi di un cerbiatto incantato, per poter parlare in maniera tanto chiara e distinta. Convinta che si possa solo ricevere del bene dal prestare attenzione alle creature fatate, la giovane donna lo seguì fin nel recinto degli animali. Fu presentata all’intera combriccola, anche all’ippopotamo, che era tenuto in grande considerazione da tutto il gruppo. “Non sei dunque una stella solo dell’università, ma anche un principe nel tuo piccolo pezzo di terra”, commentò Cenerentola. “Io sono il re delle acque e delle terre. Vengo da molto lontano. Tu oggi ti sei premurata per uno dei miei fratelli, si fa per dire, e verrai ricompensata. Riceverai delle visite durante la giornata. Non aver timore e segui i loro consigli”, disse l’ippopotamo con tono solenne.
Cenerentola non aggiunse altro, si congedò con un inchino, immaginando che così ci si dovesse comportare di fronte a un sovrano, e seguendo la sua decisione iniziale, se ne andò direttamente in ufficio. Era ancora presto quando si sistemò sulla scrivania e questo le diede il tempo necessario per far bollire un caffè e prepararsi una semplice colazione con dei biscotti e della frutta secca che teneva sempre in un cassetto.
Jennifer e Jessica invece, appena giunte nell'appartamento, si appisolarono all’istante e Cenerentola le ritrovò la sera stessa, di rientro dall’ufficio, che ancora russavano sonoramente. “Come potranno mai costoro trovarsi un principe azzurro”, pensò Cenerentola mentre cerca a di riportare un po’ di ordine nell’appartamento.
Non appena la ragazza ebbe completato le pulizie domestiche, suonò il campanello. Cenerentola si affrettò ad aprire, convinta fosse uno dei vicini di casa che spesso si lamentava del baccano provocato dalle coinquiline. Era invece il fattorino di una delle tante pizzerie del campus. “Ma io non ho ordinato nulla!”, disse stupita Cenerentola, “Né le mie coinquiline erano in condizione di farlo”, pensò la giovane donna. “È un omaggio speciale per la signorina, mi faccia controllare, Cenerentola”, rispose il fattorino. La ragazza fu ancor più stupita, poiché con quel nomignolo la appellavano solo Jessica e Jennifer quando volevano risultare particolarmente sgradevoli. “E quale sarebbe questo omaggio?”, rispose la giovane donna, sforzando un sorriso di cortesia. “Ecco la troverò qui dentro”, e il fattorino consegnò una scatoletta di plastica, del genere utilizzato per conservare i panini.
Cenerentola prese il pacchetto e lo aprì di fronte al ragazzo. Contenva una sola, singola noce. Quando la prese per osservarla meglio, il guscio sembrò emettere dei riflessi dorati. “Serbi con cura il suo regalo”, si raccomandò il fattorino, il quale salutò portando la mano sul berretto e accennando a un discreto inchino. A Cenerentola venne da sorridere e ricollegò quell’evento alle parole profetiche annunciate dagli animaletti del recinto. Prese la noce, la mise con cura in una tasca del tailleur, poi buttò il contenitore nella pattumiera. Non voleva che le due sorelle, al risveglio, notassero alcunché di strano.
Jennifer e Jessica continuavano però a dormire sonoramente, come se, più che per l’effetto dell’alcohol, stessero subendo un incantesimo. Cenerentola ne approfittò per sedersi su una poltroncina, in genere occupata da una delle due, e riprendere la lettura di uno dei suoi romanzi preferiti. La giovane donna amava i miti dell’antichità classica, trovava vi fosse un fondo di verità assoluta, universale, nella sapienza degli antichi. Stava immaginando con la fantasia di trovarsi in un universo popolato da fauni dispettosi e ninfe innocenti, quando sentì battere il vento alla finestra della sua camera.
Si alzò per controllare le serramenta, ma quando avvicinò il volto alla finestra scorse una figura umana che si stava arrabattando con vernici e pennelli. “Mi perdoni, signora Cenerentola”, gridò l’imbianchino per farsi sentire attraverso i vetri, “finiremo il lavoro entro notte”. La giovane donna non sapeva che dire. “Di nuovo quel nomignolo, che sia un altro dei visitatori annunciati dallo zoo di facoltà”, pensò l’impiegata e, fidandosi del proprio intuito, aprì la finestra. “Ah, grazie. Avrei rischiato di sgolarmi. Grazie per la pazienze e la comprensione. A lei un gradito omaggio”, disse l’imbianchino porgendole un gemello di piccole dimensioni.
Cenerentola ringraziò, questa volta con un sorriso più naturale, chiuse di nuovo la finestra e agitò il bastoncino in aria. Dal pennello sembrò uscire una scia dorata, simile a quella emessa dalla noce. Nel mentre le due coinquiline continuarono a dormire. Il loro russare si faceva però più assordante e Cenerentola si dovette ritirare nella propria camera, per riuscire a proseguire con la lettura.
Nonostante si fosse svegliata di prima mattina, non si sentiva affatto stanca ed ora attendeva la terza visita come un bambino che aspetta l’arrivo di Babbo Natale. Nella cameretta si trovava ancora il segno di un vecchio camino, murato durante i lavori di ristrutturazione avvenuti ormai decenni addietro. La bianca parete diede l’idea di liquefarsi e, dove price c’era dello stucco, ora si trovava un fuoco scoppiettante. Cenerentola rise di gusto, trovando così divertente l’iniziativa degli animali del recinto. “Non possono essere che loro. Chi altri possiede qualità magiche all’interno del campus?”, pensò la giovane donna, che si avvicinò al caminetto per goderne il tepore.
Tra i fuochi vide agitarsi un berrettino rosso, al suono ritmato di una campanella. Il copricapo era indossato da uno gnomo, che dalle fiamme si catapultò nelle mani di Cenerentola. “Buongiorno principessa”, disse quella piccola creatura, “è ora che ti mostri i portenti che ti sono stati regalati oggi”. L’impiegata amministrativa lasciò fare, pose delicatamente lo gnomo sul pavimento e gli porse la noce e il pennello. Lo gnomo afferrò il pennello nelle proprie mani e disegnò dei cerchi in aria. Cenerentola rideva di gusto nel seguire le evoluzioni di quella strana creatura. Il piccolo essere la osservava a propria volta e, quando il viso della giovane donna divenne particolarmente radioso, intrecciò il movimento del pennello con la luce che proveniva dal suo sguardo.
La stanza si riempì di un balenio abbagliante e Cenerentola si ritrovò a indossare un elegantissimo abito blue, decorato con scaglie di oro e d'argento. I suoi capelli erano raccolti in trecce, a loro volta adornate con pietre preziose, di differente grandezza e tonalità. Le sue scarpette anatomiche, con le quali andava ovunque, erano scomparse per far spazio a due calzature dal tacco alto, simili a quelle che scorgeva nei cataloghi di alta moda di Jessica e Jennifer.
Cenerentola si guardò allo specchio e osservava il volto di una principessa dei rotocalchi, di quel genere di bellezza femminile come non se ne vedevano da decenni. La carnagione chiarissima ben si accostava ai capelli bruni. Gli occhi verdi sembravano due smeraldi. “Ma che magia è questa. Perché mi trovo agghindata in tal modo?”, chiese Cenerentola, che ben poco teneva alla propria bellezza e neppure in quella circostanza si era fatta vincere dalla vanità. “Non c’è tempo per discutere. Prendi la noce, Cenerentola”. La ragazza fu questa volta contrariata e fece una smorfia. Alcuni ornamenti tra i capelli scomparvero. Il suo viso si illuminò di nuovo con un sorriso, e i preziosi ricomparvero, anche più belli di prima.
Allora Cenerentola consegnò la noce allo gnomo. Costui la prese in mano, la addentrò come per provarne la consistenza, poi aprì la finestra senza neppure toccarlo - un colpo di magia - e gettò la noce nel prato che circondava l’edificio. La piccola creatura agitò di nuovo il pennello e la noce si trasformò in un’elegante vettura sportiva, dalla carrozzeria bianca come una perla e dagli interni ricoperti con il più delicato dei pellami. “Vieni”, disse lo gnomo alla giovane donna, invitandola ad affacciarsi alla finestra.
Costei si fidò dell’esserino misterioso e si lanciò nella vettura senza esitare. “Dove si va?”, chiese sorridente la ragazza al suo nuovo compagno di avventure. “A una villa non lontano da qui. Quella del Gran Galà dei Benefattori”. Cenerentola impallidì. Ogni anno si teneva quel ricevimento, riservato ai finanziatori dell’università. Erano personaggi molto importanti, capitani d’industria e finanzieri tanto ricchi che era difficile stimarne il patrimonio.
Cenerentola però volle fidarsi e si presentò senza esitare all’ingresso della villa. Lo gnomo si nascose nella sua pochette. A Cenerentola bastò un sorriso, affinché le guardie all’ingresso le concessero di entrare. Non le chiesero neppure il nome, come incantati dalla sua aura. La ragazza si volse tutto intorno. Le piacevano le feste, amava parlare con le persone, ma mai si era trovata in un ambiente così elegante.
La guidò lo gnomo con la sua vocina. Quando l’orchestra si mise ad accennare un walzer, giacché al Gran Galà dei Benefattori era ammessa solo la musica classica, un uomo giovane e gentile le propose un ballo. La ragazza aveva seguito da giovane diversi corsi e, forse con l’aiuto della magia dello gnomo, piroettò con eleganza e savoir-faire. Ballò e si intrattenne con il suo cavaliere per tutta la sera, fin quando, assai stanca, non chiese di sedersi.
Il suo galante accompagnatore la lasciò solo per tempo, in cerca di due calici di spumante. Cenerentola, durante l’attesa, si mise casualmente a origliare il discorso di due finanziatori con una donna voltata di spalle. Si ipotizzava di chiudere un intero dipartimento dell’università, per lasciar spazio a nuove cattedre che sarebbero state assegnate sulla base di intrighi di potere e di equilibri ben lontani dai fini della ricerca scientifica o della formazione degli studenti.
Cenerentola, che aveva a cuore la missione dell’università, si scurì in volto al punto tale da veder scomparire tutti i ninnoli che ne decoravano la figura. Quella donna era poi l’accademica madre di Jessica e Jennifer. Cenerentola non voleva mostrarsi in tale stato all’anonimo corteggiatore e tantomeno farsi riconoscere dalla celebre cattedratica. Lo gnomo l’aiutò a dileguarsi, ma man mano che passava il tempo Cenerentola era sempre più triste. Anche il suo bolide ritornò ad essere una noce.
L’impiegata raggiunse la casa a piedi nudi, allorché per correre più veloce si era tolte le scarpe dal tacco alto. Una di queste le era persino scappata di mano all’interno della villa. In quell’avventurosa ritirata, Cenerentola rientrò nella propria camera dalla finestra. Lo gnomo non aveva perso le proprie virtù e l’aiutò ad arrampicarsi. Esausta Cenerentola si buttò a letto addormentandosi all’istante.
Il giorno seguente la giovane donna si trovò a condividere la colazione con le due dottorande. Le quali avevano sonoramente ronfato tutta la notte senza accorgersi di nulla. Per Cenerentola era sempre stato un incomodo trovarsi a tavola con le due sorelle. Le circostanze richiedevano che lei inghiottisse i bocconi il più in fretta possibile, mentre le altre due si facevano servire con la tracotanza di un pascià.
In quell’occasione Jessica e Jennifer non distoglievano gli occhi dal telefonino. Stava facendo il giro del campus il video di una donna bellissima ed elegante che, la sera precedente, si era intrattenuta con il più ambito scapolo di tutta la nazione. Cenerentola arrossì quando si riconobbe nel filmato, ma non disse nulla. Le ragazze, che avevano notato la sua reazione, iniziarono a schernirla. “Cosa pensi, che un tale fusto potrebbe mai degnarsi di danzare con te?”, disse Jennifer. “Un abito del genere non sapresti neppure come infilartelo”, aggiunse Jessica. Le due non avevano ancora terminato il discorso che suonò il campanello. Cenerentola si affrettò ad aprire, dal momento in cui le due sorelle non compivano il minimo sforzo in presenza della coinquilina.
Entrò in fretta e furia la madre delle ragazze. Anche lei aveva osservato il video e si era accorta che l’affascinante sconosciuta si trovava seduta in maniera tale da poter origliare i suoi complotti. In un primo momento non si curò di Cenerentola, ma con la coda dell’occhio la vide innervosirsi. “Perché quella reazione. Forse ne sai qualcosa? Ma certo, che somiglianza!”. L’accademica non aveva compiuto una brillante carriera solo per merito, ma era pur dotata di buone doti analitiche. “Jessica, Jennifer, prendetela. Io farò un giro nella sua stanza”, disse arcigna la professoressa.
Le figlie ubbedirono, più per il gusto di essere le aguzzine della loro conoscente che per aver intuito cosa stesse accadendo. Mentre Cenerentola si trovava ormai in balia delle arpie, legata a una sedia con il filo di una decorazione natalizia, la celebre docente frugò in lungo e in largo per la stanza dell’impiegata. Infine le si parò di fronte, agitando trionfante la scarpa che Cenerentola aveva indossato la sera prima. “Non so come tu abbia fatto, ma se questa calzerà il tuo piede, avrò la certezza che tu sei quella sconosciuta”, urlò minacciosa la professoressa, in uno stato al contempo d’estasi e di ira.
L’impiegata amministrativa si guardò intorno, comprendendo che non avrebbe potuto ricevere alcuna forma di aiuto. Chiuse gli occhi e pensò intensamente allo gnomo e agli animali della recinzione. Si udirono altri passi avvicinarsi alla casa. Non erano però quelli di un esserino fatato, appartenevano bensì all’affluente e giovane benefattore. Quest’ultimo non si era dato pace all’improvvisa scomparsa della sua principessa e, seguite le tracce lasciate sul terreno durante la fuga, era riuscito a raggiungere l’abitazione di Cenerentola.
L’accademica cercò di giustificarsi, ma il suo comportamento era stato tale da avvallare la testimonianza della ragazza. Oltretutto il discorso era stato anche registrato nel video realizzato per riprendere la bella e misteriosa sconosciuta.
Con l’ausilio di un esperto audio, l’intero complotto fu portato alla luce. Cenerentola felice di essere stata liberata, rise di nuovo e si ritrovò a essere la splendida principessa della sera precedente. Come per istinto la giovane donna saltò nelle braccia del suo liberatore, che non a caso si chiamava Salvatore. Costui la chiese in sposa su due piedi, e le nozze si convolarono già la domenica seguente.
Quanto all’accademica, il suo complotto fu confermato proprio dall’analisi del video girata per riprendere la bella Cenerentola. Mentre Salvatore e Carmela pronunciavano il fatidico sì, la perfida accademica lasciava il campus, in compagnia di Jessica e di Jennifer. Per costoro, incapaci di ricostruirsi una carriera, non rimase che adattarsi al primo impiego che trovarono, in un’agenzia di pulizie. Terminarono così il resto dei propri giorni a essere maltrattate al pari di quanto loro avevano fatto con la coinquilina.
I due sposini invece furono la coppia più celebrata dell’anno, vissero in prosperità per il resto dei loro giorni e non mancarono mai di porre visita agli animaletti dello zoo universitario.
A me invece, che delle simpatiche bestiole sono il guardiano, non dettero mai niente.