Il mio amico è ripartito, mi ha lasciato le chiavi.
Non si è dimenticato di presentarmi alla sua piccola rete.
Dimenticavo: il mio amico è un bravo tessitore di reti.
Mescola l'ininfluente con il potenziale.
Coglie i risvolti.
Ha un naso da segugio per le possibilità.
Così, con affabile noncuranza, mi ha presentato alle sue reti.
Un incontro per caso mentre sta bevendo una birra con amici.
Amici che poi rivedrò senza fretta, senza essere uno sconosciuto.
Due parole in una conversazione, di quelle che lasciano traccia.
Tutti qui sono indipendentisti, ma si sa: i sardi sono brave persone, i veri violenti sono pochi e di rado sono pericolosi.
Però alcuni hanno i loro pertugi.
La vanagloria.
La braveria, che qui chiamano balentia (una parola che sa di spagnolo, nella allitterazione labiale).
Come l'astemio di ritorno che smania a vedere il mio amico con un gin tonic in mano e compensa millantando imprese.
Nel suo racconto (detriti, piccole audacie) il mio amico ha già riconosciuto due o tre pagliuzze d'oro e me le ha trasmesse.
La fierezza, quella sì.
Un popolo che ama i cavalli fino a cibarsene è un popolo fiero e arcaico.
Invaso nei secoli, mai sottomesso.
Gli indipendentisti si riconoscono e si rispettano a vicenda,
Come il Presidente amava l'Irlanda dei poeti e di De Valera, alcuni amici di rimando conoscono bene i Balcani e, se ci fosse bisogno di ricordarlo, io ho visto la luce in riva alla Drina.
Resto comunque moslemi tziganie, ma sono nato nella Repubblica Serba di Bosnia.
Ne vado orgoglioso.
E poi si riconoscono le piccole necessità individuali, talvolta quelle inconfessabili.
Il piccolo dono del forestiero è un omaggio come ai tempi di Ulisse, una fialetta ben sigillata apre porte segrete.
Così ho cominciato a sistemare qualche pezzo di logistica.
Quella che ben conoscono i polemologi veri.