La scienza dei "cultori del confine"
La scienza, soprattutto quella moderna, è sempre più concentrata e settorializzata; ogni scienziato si occupa solo della sua piccola porzione di sapere perché ormai le conoscenze sono così estese ed ampie da rendere praticamente impossibile il gestire ai massimi livelli più campi. Questo atteggiamento è sicuramente giusto ed è conseguenza di una visione corretta ed etica. Tuttavia, in questo articolo, senza alcuna pretesa di completezza, voglio occuparmi di un problema interessante che riguarda il rapporto intercorrente tra la “specializzazione” e l’ “olismo”, intendendo questo termine come la capacità di abbracciare la comprensione del “tutto” per potere spiegare nuovi fenomeni (o meglio “epifenomeni”) e nuovi comportamenti che altrimenti non sarebbero individuabili occupandosi di un solo campo. In ogni caso, non mi interessa parlare dell’olismo in sé e per sé, che tanto è stato scritto e lo sarà ancora sull’argomento (con spesso discutibili sconfinamenti nella new age), quanto indagare il rapporto tra la “profondità della conoscenza” e la “generalità” della stessa, nel senso di una ricerca di un valore massimizzante entrambe.
In altri termini, puramente matematici, la domanda è: “si può trovare un valore ideale che massimizzi contemporaneamente la profondità della conoscenza e di generalità del sapere al fine di conoscere nuovi fatti e giungere a nuove scoperte?”.Io penso che la risposta sia affermativa; nel senso che, anche matematicamente, deve esistere un valore ideale di estensione e profondità del sapere.
Supponiamo quindi che lo scibile o, più limitatamente, il nostro campo di ricerca“S” consti di varie aree scientifiche che definiremo così:
(1) S = (A, B,…F), con A= Fisica, B = Biologia, C = Medicina, D= Ingegneria, E= Psicologia, F = Matematica e così via.
Allora, ogni “area” potrà sarà definita da due parametri: uno “e” che rappresenta l’ “estensione della conoscenza” e l’altro “h” che invece rappresenta la sua “profondità”.
Allora la domanda è: esiste una combinazione ottimale dei due parametri “e” ed “h” tale che f(e, h), chiamiamola “funzione di conoscenza”, abbia un valore massimo per l’ “insieme” S?
In pratica, riformulando la domanda in altro modo, quali devono essere i rapporti tra “e” ed “h” per massimizzare i rapporti di “conoscenza” e “profondità” di ogni singola disciplina?
In formula:
(2) Quali devono essere i valori di (eA,hA, eB,hB, …eF,hF) affinché f (eA,hA, eB,hB, …eF,hF) abbia un valore massimo?
E cioè quali devono essere la “profondità” e l’ “estensione” dei vari parametri “e” ed “h” affinché sia massima l’intera conoscenza?
Questo perché riteniamo che da una visione generale, globale, appunto olistica di un sistema possano derivare conoscenze superiori a quelle raggiungibili da una pur approfondita conoscenza delle singole parti.Ad esempio, unendo conoscenze di fisica e anatomoneurologia si può tentare una “teoria della coscienza” (vedi, ad esempio, i lavori di R. Penrose di D. Hofstadter) che altrimenti rimarrebbe interdetta ai singoli scienziati che si occupano solo di fisica o di biologia. Il valore esatto dei parametri è importante perché occorre massimizzare la conoscenza del singolo campo del sapere massimizzando anche l’estensione , ottimizzando quindi il problema. Altrimenti, una conoscenza troppo specifica di un singolo campo impedisce una buona conoscenza generale di altri campi e viceversa una conoscenza troppo generale di ogni campo impedisce quella conoscenza particolare del singolo campo che porta alla spiegazione o all’individuazione di un fenomeno nuovo. Questa è una nuova scienza quindi: quella dei “pontieri” o dei “cultori del confine” di scienziati, cioè, che agiscono al confine di varie e diverse aree scientifiche conoscendo il massimo in profondità ed estensione di ogni area. Questo atteggiamento culturale pensiamo ci porterà a nuove scoperte ed a nuovi orizzonti.
BIBLIOGRAFIA
D. Hofstadter, “Gödel, Escher, Bach: un’eterna Ghirlanda Brillante”, Adelphi, Milano, 1984.
R. Penrose, “La mente nuova dell’Imperatore”, Rizzoli, 1992.
R. Penrose, “La strada che porta alla Realtà”, Rizzoli, Milano, 2005.
Effettivamente, la matematica sembra rivestire un ruolo un po’ particolare in queste considerazioni essendo la “base” di tutte le altre scienze; a meno che non si voglia, sulla scia dei lavori come, ad esempio, i “Principia Mathematica” (1913) di Bertrand Russell e Alfred Whitehead, individuare nella logica il fondamento ultimo anche della matematica e quindi delle altre scienze.
Effettivamente, ci si potrebbe chiedere se il campo S possa contenere anche altri settori, anche non scientifici, come l’arte, la politica, le scienze giuridiche etc etc. Io credo che la risposta sia affermativa, ma in questo lavoro, per semplicità, e senza perdere sostanzialmente di genericità, possiamo ridurre il discorso unicamente al campo scientifico.
Naturalmente, nella nostra epoca, cioè il “tecnocene” i due parametri “e” ed “h” non sono indipendenti, ma saranno una funzione più p meno complessa e strutturata l’uno dell’altro; cioè h = h(e) oppure, ammesso che la funzione sia invertibile, e = e(h); invece, ad esempio, per trovare un’epoca in cui i due parametri erano sostanzialmente indipendenti possiamo pensare al “rinascimento” dove la profondità del sapere e i campi investigati non interferivano l’uno l’altro; si veda, ad esempio, il genio di un Leonardo da Vinci oppure di Pico della Mirandola.
Da un punto di vista un po’ più tecnico faccio notare che i rapporti di dipendenza dei parametri “e” ed “h” non riguardano solo i vari campi A, B, …, F, ma che, in genere, devono sussistere rapporti tra i parametri , ad esempio, eA, eB, …, eF oppure ha, hB, …., hF. Dunque se rappresentassimo queste relazioni in forma matriciale, , la matrice del sistema, per capirci, non sarebbe diagonale, ma avrebbe termini misti; sarebbe anche interessante studiare la forma della matrice per evidenziare eventuali simmetrie che rifletterebbero le particolari interdipendenze dei vari campi.