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Storia della Fisica I

by G. Vatinno

La Fisica sembrava essere una scienza ormai conclusa dopo che Isaac Newton aveva dato alle stampe, nel 1687, i suoi Philosophiae NaturalisPrincipia Mathematica. Infatti, questa grande opera dello scienziato inglese unificava la gravità terrestre e quella celeste sulla base delle osservazioni di Galileo Galilei e la pubblicazione del Dialogo sui due massimi sistemi del mondo del 1632.
La meccanica newtoniana servì da base per l'opera di Copernico prima e di Keplero poi che detronizzarono la Terra dalla sua posizione privilegiata per sostituirla con il Sole. Fu in questo contesto che da un lato le osservazioni sulla luce andarono avanti.Si cercò di misurarne la velocità grazie a Huygens, Roemer, Fizeau che risultò finita. In questo contesto gli studi di elettrostatica di Coulomb e poi di Faraday ed Ampere aprirono la strada all'altra grande opera della storia della Fisica e cioè il Trattato sull'elettricità e il magnetismo di Maxwell del 1873 a formalizzare tutto quello che si conosceva in quel tempo sul'elettricità ed il magnetismo in eleganti equazioni vettoriali.L'elettricità e il magnetismo erano ora unificati e in più si scoprì che la luce è una radiazione elettromagnetica.
Dunque, con la sistematizzazione dell'elettricità e del magnetismo sembrava che la Fisica fosse di nuovo completa nel suo quadro teorico e che si dovessero solo trarre ulteriori conseguenze teoriche e sperimentali, raffinandola progressivamente.
Tuttavia vi erano delle cose che non tornavano; le equazioni di Maxwell non erano invarianti per trasformazioni di Galilei, come invece lo era quella di Newton.Questo voleva dire che la meccanica newtoniana non andava d'accordo con l'elettromagnetismo di Maxwell oppure che valessero due Principi di Relatività separati: uno per la meccanica e l'altro per l'elettromagnetismo. Il Principio di Relatività dice sostanzialmente che tutti i fenomeni fisici sono gli stessi sia che avvengano in sistemi di riferimento in quiete sia che avvengano in sistemi di riferimento in moto rettilineo uniforme (sistemi inerziali) ed è dovuto, nella sua forma originale, a Galilei. Le equazioni di Newton lo rispettavano, ma le equazioni di Maxwell no. Le equazioni di Newton sono scritte rispetto ad un sistema di riferimento supposto in quiete assoluta ed anche quelle di Maxwell erano riferite a tale sistema che però prendeva il nome di "etere luminifero". Questa la situazione quando Lorentz, un fisico olandese, cercò delle trasformazioni di coordinate che rendessero formalmente le equazioni di Maxwell e le trovò (ora sono note con il suo nome).Queste equazioni di riducono a quelle di Galilei quando le velocità coinvolte sono piccole rispetto a quelle della luce che è di circa 300.000 Km/s e cioè praticamente in tutte le situazioni che noi sperimentiamo nella vita di tutti i giorni.Lorentz in queste trasformazioni utilizzò anche un artificio matematico che chiamò "tempo locale".
Nel frattempo anche il matematico francese Poincaré studiò il problema e giunse a considerazioni analoghe a quelle di Lorentz enunciando anche un Principio di Relatività esteso ora anche ai fenomeni elettrodinamici e non più solo meccanici.
Tuttavia, sia la teoria di lorenzi che quella di Poincaré sono riferite all' etere luminifero.Un esperimento famoso del XIX secolo, quello di Michelson-Morley, dimostrò che la velocità della luce era indipendente dallo stato di moto dei sistemi di riferimento e quindi o l'etere non esisteva o era trascinato dal moto della Terra.Altri esperimenti come quello di Fizeau ed osservazioni astronomiche come quello dell'aberrazione stellare inficiavano l'ipotesi dell'etere in movimento (anche parziale).Dunque l'etere non esisteva o non era rilevabile. Sia Lorentz che il fisico irlandese Fotzgerald avanzaronoallora l'ipotesi di una contrazione delle lunghezze in direzione del moto, la "contrazione di Lorentz-Fotzgerald" che dava conto dell'esperienza di Michelson-Morley senza intaccare l'ipotesi dell'etere; tale ipotesi aveva una sua base sperimentale negli studi sull'elettrone di Lorentz stesso.
E' in questo quadro che nel 1905 un oscuro fisico impiegato all'ufficio brevetti di Berna diede alle stampe vari articoli tra cui uno, Sull'elettrodinamica dei corpi in movimento che doveva cambiare per sempre la Fisica.Infatti, Einstein condensò e reinterpretò i lavori di Lorentz e Poincaré in quella che sarebbe divenuta la Teoria della Relatività Speciale.Einstein abolisce il sistema di riferimento assoluto, cioè l'etere, dicendo che non serve; tutti i moti rettilinei uniformi sono equivalenti e quindi le equazioni dell'elettrodinamica in cui compare ad esempio la velocità si devono intendere riferite a due sistemi in moto relativo.E' una rivoluzione concettuale di grande portata. La teoria della Relatività si chiama Speciale perché appunto vale solo per una particolare classe di sistemi di riferimento, quella dei sistemi inerziali; fu poi lo stesso Einstein che dieci anni dopo, nel 1915, produsse la Relatività Generale che invece è estesa a tutti i sistemi di riferimento (ed è anche una teoria della gravitazione). L'altra grande rivoluzione scientifica del XX secolo è invece quella della Meccanica Quantistica.
Infatti, l'edificio della Fisica classica newtoniana non era attaccato solo dal lato dell'elettromagnetismo, ma anche da quello atomico.Si era giunti ad un modello atomico con un nucleo positivo e degli elettroni negativi in orbita intorno al nucleo.Tuttavia vi erano alcuni problemi.Il principale era quello del spettro di corpo nero.Tutti gli elementi emettono radiazioni elettromagnetiche sotto forma di calore.La curva sperimentale di queste emissioni era molto diversa da quella teorica.Inoltre, non si capiva perché gli elettroni irraggiando nel loro moto intorno al nucleo non cadessero sul nucleo stesso. Fu così che il fisico tedesco Max Planck nel 1900 presentò la sua ipotesi che l'energia potesse esser scambiata sol in pacchetti discreti, appunto i quanti.Con questa ipotesi le formule tornavano.Nel 1905, Einstein, oltre che l'articolo sulla Relatività, scrisse anche uno sull'effetto fotoelettrico –per cui poi prese il Nobel- che riuscì a spiegare sulla base della ipotesi dei quanti di Planck.
L'effetto fotoelettrico si ha quando la luce urtando una superficie metallica di un conduttore riesce a strappare degli elettroni producendo una corrente elettrica.Tale effetto no nera spiegabile con le ipotesi classiche di una energia continua; in fatti, aumentando l'energia della luce incidente non aumentava l'energia degli elettroni estratti, ma solo illoro numero; inoltre esisteva una soglia di energia minima sotto la quale il fenomeno non avveniva.Solo l'ipotesi di una energia quantizzata poteva spiegare l'esito dell'esperimento. Inoltre, nel XIX secolo Fraunhofer aveva notato che la luce solare è solcata da sottili linee scure che sono dovute alla interazione tra la luce e la materia.Nel modello atomico, infatti, gli elettroni assorbono quanti di luce e si spostano di orbita; questo fatto è registrato dalle linee di assorbimento che sono tipiche di ogni elemento chimico.Anche questo fenomeno portava ad una visione quantizzata dell'energia.

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