Regressione digitale
Sempre più spesso sento i miei amici vantarsi orgogliosamente di come il loro figlio di 7 o 8 anni "smanetti" in maniera naturale con lo smartphone o il tablet.
Io personalmente ogni volta che sento questo mi metterei le mani nei capelli e direi al loro padre :" Brutto imbecille, non vedi che sta succedendo? Non vedi che non impara nulla, che quella è una scatola vuota, con dentro tutto preconfezionato e che non gli permette di fare nulla al di fuori degli schemi prefissati? Voi che tuo figli diventi un automa?" Ma come sempre queste parole mi si chiudono nella gola.
Ho sentito dei ragazzi di 16-17 anni (che si consideravano esperti conoscitori dei computer) affermare che Bill Gates ha inventato internet, oppure non sapere che nel sistema operativo c'è "il prompt dei comandi" e confonderlo con il "vecchio DOS" (usando parole loro).
Pochi ( anzi pochissimi) si ricorderanno la pubblicità con la quale nel gennaio 1984 la Apple introdusse sul mercato il Macintosh dicendo "…and you will see why 1984 won't be like ''1984 '' "; ma invece, a distanza di quasi trent'anni da allora proprio la Apple rappresenta uno dei più grandi pericoli per lo sviluppo della conoscenza informatica nei giovani.
Una ricerca della Bicocca dimostra che i ragazzi usano dispositivi che si connettono rete e non percepiscono Internet come un'infrastruttura di base. Stanno crescendo in un mondo nel quale non solo non sanno, ma non possono smontare, smanettare, sperimentare e quindi imparare.
Due ragazzi su tre anno uno smartphone o un tablet, ma se a loro si chiedesse qual è il principio di funzionamento dello strumento o cosa sia ad esempio un URL non saprebbero rispondere.
Questi giovani diventano puri fruitori di un mezzo e, dallo stare davanti al televisore o stare davanti al tablet od allo smartphone per tre o quattro ore al giorno non v'è ormai differenza. La rivoluzione informatica iniziata negli anni '80, quando ci si "Costruiva" il computer e ce lo si ampliava personalmente, facendoci anche i programmi è ormai finita.
L'origine del potere dirompente dei primi personal computer, in particolare del PC IBM, era il fatto che era basato su standard tecnici aperti. Con poche eccezioni, i protocolli e i linguaggi di comando di quei componenti erano noti e liberamente utilizzabili. Chiunque poteva essere hacker e sviluppare software, driver, sistemi operativi. Questo fece prosperare in modo esplosivo la cultura dell'informatica amatoriale. Il personal computer era, appunto, personal. Ci mettevi su il software e l'hardware che volevi, senza renderne conto a nessuno. Ora considerate invece un iPad: è bello, funziona bene, ma è sigillato. Niente aggiunte hardware. Provate a installarvi software non autorizzato da Apple: potete farlo soltanto pagando una licenza ad Apple o ricorrendo a un jailbreak. Il dispositivo è fisicamente vostro, ma per essere liberi di metterci il software che vi pare dovete scavalcare attivamente gli ostacoli e le restrizioni che il costruttore ha imposto. Il salto da consumatore passivo a utente creativo è diventato più lungo.
La stessa cosa sta succedendo con internet: da un luogo libero, con protocolli liberi sta sempre più diventando un posto dove pochi monopolizzano le notizie e le informazioni. Oggi la maggior parte degli utenti internet si limitano ad andare su FB (Facebook) dove tutto e "unilaterale" deciso dal gestore e basta.
I newsgroup (luoghi liberi dove ognuno poteva esprimere le proprie idee e discuterle liberamente) stanno sparendo, così come anche i forum sono sempre meno consultati e usati.
I dati indicano che stiamo rinunciando progressivamente agli elementi tecnici fondamentali che hanno permesso lo sviluppo della Rete, sostituendoli con un ecosistema hardware e software progressivamente sempre più chiuso.
Il problema è molto più grande di quanto si posso pensare, perché porta questi giovani ad essere esposti alla violazione della privacy, o a truffe online o al pericolo di prendere virus molto più degli anni passati.