Bulbi di tulipano o vera opportunità?
Prima o poi doveva arrivare anche questo; gli scrittori di fantascienza li avevano sempre inseriti nei loro racconti chiamandole in vari modi e finalmente le criptovalute (o crittovaluta o criptomoneta) sono arrivate!
Cosa sono le criptovalute?
Iniziamo con il dire che il valore che viene attribuito al denaro, oggi, è il frutto di una convenzione. Facciamo un esempio pratico: il costo di produzione di una moneta da 1 centesimo di euro è in realtà di 4.5 centesimi di euro (se consideriamo il prezzo di acquisto del rame e dell’acciaio necessari per produrlo), mentre per le monete dai 10 centesimi in su il valore nominale per produrli è inferiore.
Una banconota non è altro che un pezzo di carta così come una moneta non è altro che un insieme di leghe se possiamo usarle per ottenere in cambio dei beni è perché siamo tutti d’accordo sul valore che riconosciamo a quel pezzo di carta.
Allo stesso modo della valuta normale le cripto valute sono monete virtuali che gli utenti conservano in portafogli (sempre virtuali) e che possono scambiare tra di loro o spendere per comperare servizi e beni dove sono accettate.
Chi garantisce le criptovalute?
Il denaro ha un valore che è variabile e questo dipende da molti fattori, riassumendo brevemente possiamo dire che il valore non sta tanto nel livello del suo valore rispetto alle altre monete ma nella capacità di mantenere un cambio stabile o in apprezzamento e questo dipende dalla performance del Paese, dalla fiducia che riscuote, dalla laboriosità dei suoi abitanti, dalla qualità delle sue istituzioni, ecc…
A questo punto c’è da chiedersi chi garantisce il valore delle criptovalute visto che sono create da uno o più computer che tramite un algoritmo definito mining e che, a differenza delle valute tradizionali, i Bitcoin sono completamente decentralizzati e la loro creazione (mining) non avviene per conto di un istituto centrale con funzioni di garanzia.
Chi accetta le criptovalute come pagamento o le usa per gli scambi ha fiducia in queste monete non tanto perché, appunto, vi sia dietro uno stato a garantirne il valore, ma per la tecnologia che è alla base: il blockchain.
Cos’è il Blockchain
La tecnologia che sta alla base delle criptovalute è molto semplice e si presta a moltissimi altri utilizzi.
L’idea di una catena simile ad un albero, dove ogni “foglia” rappresenta blocchi di dati e codici (detti hash), e nel quale ogni ramo si bipartisce rimanendo però matematicamente legato ai rami che genera risale all’inizio degli anni ’90 e prende il nome di “Albero di Merkle”. Con questo sistema, ogni volta che un ramo si sdoppia, è impossibile modificarlo senza andare a toccare gli altri rami che lo generano o che ne derivano.
Si vede subito che questa tecnologia è molto utile per tracciare una filiera come può essere quella della produzione di alimenti o prodotti, o per gestire il voto digitale per le elezioni (come è successo nelle elezioni del 2018 in Sierra Leone).
Dal Blockchain al Bitcoin
Nell’ottobre del 2008 sulla mailing list di metzdowd.com compare un articolo dal titolo molto indicativo: “ A Peer-toPeer Electronic Cash System”. In questo articolo, firmato da un certo Satoshi Nakamoto (nome sicuramente inventato), l’autore in solo nove pagine mescola formule matematiche e codici di programmazione e descrive come creare una moneta virtuale, chiamata “bitcoin”, che non ha alcuna esistenza nel mondo reale ed è generata da un sistema virtuoso dove gli utenti stessi ne garantiscono la sopravvivenza e lo sviluppo, senza l’intermediazione degli istituti finanziari o delle banche centrali.
Alla base del Bitcoin stanno due tecnologie nate con internet, il Peer to Peer e il Blockchain.
Come si genera un bitcoin?
Per capire come viene generato un bitcoin bisogna prima di tutto vedere come funziona lo scambio dei bitcoin stessi.
Supponiamo che l’utente Filippo che ha 2 bitcoin ne dia 1 a Pamela, a questo punto la transizione deve essere registrata e comunicata a tutto il mondo. L’operazione viene criptata e trasmessa in tutta la rete bitcoin (con un principio simile a quello del Peer to Peer), dove persone definite “Minatori” hanno il compito di decodificarla e registrarla.
Le operazioni sono criptate e il minatore mette a disposizione uno o più computer con il compito di decodificare l’operazione. Il primo che la decodifica la aggiunge e la comunica alla rete che la conferma, quindi l’aggiunge al libro mastro delle transizioni di bitcoin che si allunga (il sistema del blockchain) e ne riceve in cambio dei bitcoin nuovi di zecca.
Il sistema è stato creato in modo tale che il numero massimo di bitcoin che verranno creati sia di 21.000.000, e che ogni 210.000 operazioni (circa ogni 4 anni a seconda del delle operazioni fatte) il numero di bitcoin creato venga dimezzato. Questo è già successo nel 2012 quando i bitcoin in pagamento sono passati da 50 a 25.
A complicare ulteriormente la situazione è l’algoritmo stesso dei bitcoin che ad ogni operazione aggiunge complessità nella decodifica in modo da allungare la vita della moneta, ma obbligando i minatori a dotarsi sempre di più di calcolatori potenti e numerosi; succede così che se all’inizio un minatore con un normalissimo computer di casa poteva guadagnare, oggi ha bisogno di una serie di computer che lavorano in parallelo e sempre di maggior energia elettrica.
Considerando che ad oggi per poter creare una piccola miniera che estrae Bitcoin, per avere utili decenti, siano richiesti circa 50Mw di potenza per le computer farms, non stupisce che il maggior numero di minatori sia presente li dove l’energia sia a prezzi più bassi come in Islanda o Cina, anche se quest’ultima sta imponendo severe limitazioni ai minatori.
Chi guadagna con i bitcoin?
Abbiamo visto che i primi a guadagnare con i Bitcoin sono i minatori, che però con il passare del tempo sono costretti a dotarsi di computer sempre più potenti e performanti mentre il numero di bitcoin viene dimezzato regolarmente, quindi il margine è destinato a diminuire.
I commercianti, che avrebbero dovuto avere un ruolo importante nella diffusione della moneta elettronica, sono una parte marginale della filiera, mentre stanno sorgendo le figure dei “cambia valute digitali” che convertono le criptomonete in soldi reali in campio di una piccola commissione (come succede con i cambia valuta nel mondo reale).
Malgrado le criptomonete non abbiano avuto un’accoglienza positiva presso i commercianti, ha invece suscitato l’entusiasmo dei traders i quali scommettono in borsa sul rialzo o ribasso dei bitcoin, trasformando la criptovaluta in uno strumento di investimento.
Rimane il fatto che è un investimento estremamente a rischio: nel 2015 per quasi tutto l’anno il valore dei Bitcoin rimase intorno a poche centinaia di dollari per poi risalire e superare la soglia dei 1.000 dollari nel gennaio del 2017 e sfiorare i 20.000 una settimana prima di Natale, per poi scendere ancora intorno ai 6.000 dollari a giugno del 2018.
Il pericolo è che, diventando “una riserva di valore” (ovvero un bene sul quale investire come l’oro o le azioni) ma senza valori economici sottostanti possa scoppiare una bolla speculativa come quella dei bulbi di tulipano nel ‘600 in Olanda.
I bitcoin hanno un impatto molto importante nelle operazioni illegali: vengono sempre più spesso usati nel dark web per comperare droga, armi o altre transizioni illegali nei canali ufficiali; stanno inoltre diventando il tipo di monta preferita dai pirati informatici che infettano i computer tramite i virus cryptoloker e chiedono il riscatto in bitcoin per poter sbloccare i dati.
Il problema energetico.
Alcuni siti ambientalisti stanno lanciando l’allarme sull’uso smodato di energia che l’estrazione di bitcoin richiede.
Visto che l’estrazione dei bitocoin si basa su una rete di computer e server che richiedono molta energia si è stimato che nel 2017 l’estrazione di questa criptomoneta abbia richiesto 31terawatora all’anno.
Questa richiesta di energia influisce anche sul territorio ed i suoi abitanti, come è successo nel bacino del Mid-Columbia (Usa) dove 5 grandi centrali idroelettriche fornivano elettricità a bassissimo costo alle contee circostante e rivendevano il surplus agli stati vicini. Grazie al prezzo dell’energia così basso e agli impianti di irrigazione gli agricoltori hanno potuto trasformare la zona in una delle più produttive del paese.
La disponibilità di energia a basso costo ha però portato molti minatori ad insediarsi nella zona ed impiantarvi le loro farms. La richiesta di energia è così aumentata, diminuendo quella esportata e creando disagi ai residenti che vedono le loro risorse “rubate” da aziende che non producono nulla.
A questi ultimi si devono aggiungere i minatori che creano in casa loro delle piccole servers farm che richiedono molta più energia di quella disponibile nelle normali abitazioni, creando blackout e surriscaldando i trasformatori che bruciano creando pericolosi incendi.
In realtà, a livello globale si stima che se anche l’attuale incidenza dei bitcoin dovesse centuplicare rappresenterebbe meno del 2% del consumo blobale di energia, il problema si verifica invece nelle zone dove verrebbero ad installarsi le miniere di bitcoin.
Come i tulipani olandedi, gioco della piramide o vera opportunità?
Quella che esplose nel 1637 è considerata dagli economisti la prima bolla speculativa della storia. Nella prima metà del ‘600 il commercio dei tulipani nei Paesi Bassi era tale che la domanda dei bulbi raggiunse un picco così alto che ogni singolo bulbo raggiunse prezzi enormi, tanto che nel 1635 se ne registrò la vendita di alcuni a ben 25.000 fiorini l’uno (più di una tonnellata di burro). Si iniziarono così a vendere anche bulbi che erano stati appena piantati o che sarebbero stati piantati, quelli che oggi chiamiamo future.
Nel 1637 i commercianti, vedendo che non era più possibile l’innalzamento dei prezzi iniziarono a vendere tutti i loro bulbi inondando il mercato e diminuendone il valore; accadde così che chi aveva contratti per acquistare bulbi a 10 o 100 volte il loro prezzo reale si ritrovò con in mano nulla e chi aveva bulbi pagati anche 10.000 fiorini si ritrovò con solamente dei bei fiori.
Oggi la paura di molti è che quella dei bitcoin sia una situazione simile a quella Olandese del ‘600 e quando la domanda inizierà a sciamare le criptovalute diventeranno solamente un mezzo per gli acquisti illegali nel darkweb perdendo il loro “valore nel mondo reale” e creando una bolla speculativa.
Altre critiche riguardano il sistema dei bitcoin nel loro insieme: Dick Kovacevich, ex AD di Wells Fargo (una delle quattro più grandi banche degli Stati Uniti) ha definito quella dei bitcoin come “solo uno schema piramidale”; Davide Serra (fondatore di Algebris) invece twitta che: “Bitcoin è uno strumento per ripulire il denaro per criminali ed evasori fiscali che è stato trasformato nel più grande schema Ponzi di tutti i tempi con un valore di 160 miliardi di dollari (3 volte Madoff) e io sono stupefatto che non ci sia un solo regolatore che faccia qualcosa. Semplicemente incredibile”.
In realtà quando acquisto un bitcoin non acquisto una promessa di futuri guadagni, ma una unità che si può utilizzare immediatamente.
Infine rimane il dubbio di sapere chi sia il famoso Satoshi Nakamoto e che non sia tutto un “imboglio” tanto che quando finiranno i 21.000.000 di bitcoin disponibili all’estrazione o quando si perderà interesse per l’estrazione stessa sia l’unico a guadagnarci.
Quello delle criptovalute riamane comunque un investimento ad alto rischio se non diventeranno utili per l’acquisto di beni di consumo, mentre di certo è solamente il fatto che la tecnologia che sta alla base delle criptovalute, il blockchain è una tecnologia che si presta a diversi utilizzi.
Quale futuro?
Possiamo terminare questa analisi dicendo che non è facile ipotizzare cosa potrebbe succedere con le criptovalute ed i bitcoin in particolare.
Uno dei primi scenari, il più tragico, ci porta a pensare che, come nel caso dei tulipani olandesi, sia una bolla speculativa destinata ad esplodere, ma se si pensa che la quantità di bitcoin è limitata difficilmente ci sarà una svalutazione a causa dell’eccesso dell’offerta, portando questa criptovalura ad avvicinarsi all’oro.
L’uso dei bitcoin e delle criptovalute, secondo uno scenario più positivo ma non incoraggiante, potrebbe anche crescere in quanto ha il vantaggio che è difficilmente rintracciabile e non è confiscabile; potrebbe diventare un tipo di investimento di nicchia, come era una volta il mettere i soldi in Svizzera.
Infine per considerare uno scenario ottimistico possiamo vedere in futuro le criptovalute affiancare il denaro normale per tutto quello riguarda le transizioni online, un po’ come è successo a suo tempo con il sistema Paypal che è andato ad affiancare le normali carte di credito, o i vari sistemi di money transfer che sono andati ad affiancare i sistemi di bonifico tramite posta o banca.